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Orgoglio e Giudizio

26 aprile 2015
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ANALISI TEMPORALE DI UN VENTICINQUE APRILE PARTICOLARE

Orgoglio perché anche quest’anno il corteo è stato partecipato, molto. Orgoglio perché nonostante il cattivo tempo, la pioggia durante le orazioni, il frescolino autunnale di un improbabile aprile gallaratese, la gente ha resistito, ha ascoltato, ha sorriso e applaudito.

Giudizio perché troppe cose sono state deludenti.

Il cambio di percorso del corteo, inspiegato e difficilmente spiegabile con affermazioni logiche e accettabili, ha accorciato il percorso, tagliando fuori mezzo centro; il centro quello del passeggio del sabato mattina, il centro quello con i negozi aperti al 25 aprile, il centro quello dove magari c’è la gente che non gli frega niente ma che se passi di li un paio di domande se le pone anche. Un centro, quello storico di Gallarate, senza troppi tricolori appesi alle finestre. A 70 anni dalla Resistenza, Gallarate, importante nucleo operativo e di forte supporto alla guerra partigiana, pare dimenticare i suoi eroi. Più un dovere che un piacere, più un “s’adda fare” che una festa.

C’è un antefatto, che è la riunione organizzativa del 25 Aprile. Questo Natale laico della Repubblica viene organizzato dalla Pubblica Amministrazione in coordinamento con le associazioni d’arma, le associazioni combattentistiche, le scuole e altre varie realtà associative della città. In testa è ovvio che l’Anpi cittadina sia la più interessata all’organizzazione ed alla buona riuscita del corteo e di tutto ciò che lo contorna.

A questa riunione, succede che si decida di cambiare percorso, senza fare accenno alcuno alle motivazioni di una sciagurata scelta che, come detto, taglia fuori mezzo centro storico, ugualmente importante rispetto alla metà rimanente all’interno del percorso. Succede che nessuno dice niente, anche per non causare lungaggini e discussioni inutili. Mettersi a contestare un cambio di protocollo, capirete che da un punto di vista burocratico può sollevare non pochi problemi.

Succede anche nella medesima riunione che, una volta appurata la totale latitanza delle scuole uno dei più importanti membri di questa assiste, forse il più importante, se ne esca con un “beh, d’altronde per i ragazzi il 25 Aprile è una cosa vecchia, lontana”.

Beh, egregio signore, in questo Paese e in mezzo mondo miliardi di persone si ostinano dopo 2015 anni a festeggiare la nascita di un uomo al 25 di dicembre…se non è vecchio quello!

(per non parlare del fatto che il certificato di nascita di quest’uomo per ovvie ragioni non c’è, e quindi si festeggia, tutto sommato, un evento astratto e incerto. Ma questa è un’altra storia)

C’è anche un durante. Il durante è la banda che fa due pezzi in croce. Il durante è una testa del corteo (banda, istituzioni, associazioni d’arma, altre associazioni, popolo vario è la formazione tipo inizio-fine) che corre, corre, corre come se avesse un appuntamento irrinunciabile al quale deve andare. Corre, così tanto, che ci sono anziani che fanno fatica a stargli dietro, e allora il corteo perde la sua interezza e si spezzetta in 2, 3 parti, e improvvisamente sembra piccolo. Sembra ma non lo è! Sembra piccolo perché la tua visione è quel terzo dove sei tu, e l’altro pezzo, quello avanti o quello dietro, non lo vedi bene, ed è scomposto, sfilacciato.

ll durante è il risultato, anche dell’a(n)rtefatto. Un corteo veloce e sbrigativo che dura tra il quarto d’ora e i 25 minuti meno dell’anno precedente, e sto parlando di un corteo che in media è sempre

durato 35-45 minuti. Ho persino il dubbio che le corone in Piazza Risorgimento siano state lanciate tipo frisbee. Ma va beh!

Il durante è le macchine che passano in Largo Camussi durante l’orazione ufficiale. Largo Camussi dove c’è una statua di Gio Pomodoro dedicata ai martiri della Resistenza. Le macchine gli passavano davanti, ai martiri della Resistenza, nel loro giorno di festa. Le macchine, gli passavano davanti, agli oratori ufficiali e al poco pubblico resistito davanti al palchetto sotto la pioggia.

Si perché il protocollo, prevederebbe che, in caso di pioggia, le orazioni si facciano in sala consiliare, ma questo non è avvenuto. Perché?

…perché “ormai siam già qui”

…perché “guarda che se ce ne andiamo la gente se ne va a casa”

Perché “s’adda fare” e allora facciamolo, poco importa se viene bene o viene male, se la gente ascolta o fa capannina sotto ai portici. Ecco perché.

Il durante è anche, però, tutte le scuole medie di Gallarate che grazie all’impegno del Presidente dell’Anpi cittadina, si sono presentati con delle letture. Almeno una dozzina, ma forse pure il doppio, di ragazzi che uno dietro l’altro, sotto la pioggia, e davanti a un ristretto pubblico umidiccio (a fronte di un gradissimo pubblico coperto sotto i portici ma che poco poteva udire) hanno letto lettere, poesie, riflessioni personali meravigliose.

Il durante è anche la rappresentante degli alunni del liceo scientifico di Gallarate, che ha voluto prendere la parola, fuori programma per chiedere agli adulti, alle istituzioni e ai nonni, di non sparare a zero sui giovani, ma di credere in loro, dargli fiducia, incoraggiare e segnare la strada, come hanno fatto i partigiani sui monti.

Il durante è anche un ragazzo di 20 anni che riceve il testimone da un ragazzo di 89 anni. Il durante sono anche e soprattutto Ariele Aspesi e il Sen. Giuseppe Gatti che sono gli unici oratori che possono rappresentarmi in un percorso temporale di 70 anni che fa da collante tra passate e future generazioni di chi il 25 Aprile sa cos’è e cosa rappresenta, di chi ha la bocca sufficientemente pulita per poter intonare Bella Ciao.

Il durante è anche una parte di città, stupenda, che ha partecipato, nonostante tutto, nonostante si faccia il possibile e l’impossibile per relegare il 25 Aprile al nulla.

Il dopo è un giudizio. Uno solo che vale per tutto.

Il dopo è una vecchia colonna di Largo Camussi che sorregge faticosamente un’istituzione stanca e affaticata, forse pure un po’ scocciata dal prolungarsi dalle orazioni.

Il dopo è la scoperta di aver sbagliato alle urne.

Il dopo è tutto il rispetto che non c’è stato,

Il dopo è tutto il rispetto che io non avrò più per loro.

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